Archivio per giugno 12th, 2009
Il fatto di essere diventati mediaticamente la serie B della Liga spagnola ha prodotto effetti devastanti sulla memoria dei dirigenti del calcio italiano, che fra i mille argomenti utilizzabili per spiegare questa situazione hanno scelto proprio l’unico che dovrebbero far cadere sotto silenzio. Cioé la differente aliquota fiscale fra Spagna e Italia per quanto riguarda determinate categorie di lavoratori provenienti dall’estero. Situazione spiegata da chi, dal grande club alla serie C-Lega Pro del macalliano budget-tipo (uno scherzo, a detta di chiunque lavori nelle serie minori), ha costruito le proprie fortune e sfortune sui pagamenti in nero…Forse Adriano Galliani è solo un omonimo di quell’Adriano Galliani dirigente del Milan negli anni Ottanta e Novanta, che visse da spettatore i tre mesi con la condizionale (trasformati in multa risibile, secondo gli schemi del patteggiamento all’italiana) inflitti nel luglio 2002 a Van Basten, Gullit e Rijkaard, per incassi in nero negli anni d’oro: 42 miliardi di lire il cigno di Utrecht, 18 per il fan di Mandela, 8 miliardi e 300 milioni il designer di mutande. Colpa dei tre calciatori, ovviamente, perchè la legge sul falso in bilancio avrebbe poi fatto dichiarare prescritto l’eventuale reato societario di Galliani e di altri ‘magnager’. Così facevano e fanno molti dirigenti non solo italiani, senza però improvvisarsi tributaristi da Scuola Radio Elettra né maestri di etica: il pizzaiolo non ci dà lo scontrino nemmeno dietro minacce, ma almeno non si giustica spiegando che a Madrid la margherita subisce un prelievo di solo il 25%.
Jimmy Greaves è stato uno dei più grandi attaccanti della storia inglese, terzo marcatore di sempre in nazionale dietro a Bobby Charlton e Gary Lineker, ma soprattutto avrebbe dovuto essere il protagonista del Mondiale 1966. Qualche mese prima del grande evento l’allora ventiseienne del Tottenham aveva avuto un’epatite, ma guarì in tempo per essere a disposizione di Ramsey. Fece un’ottima preparazione e fu lui il titolare nell’esordio a Wembley contro l’Uruguay: uno zero a zero che rappresentò bene quanto visto in campo. Con il Messico altra musica: tante occasioni, con un bellissimo gol di Charlton ed il raddoppio merito proprio di Greaves. Niente gloria nel tabellino, ma suo il tiro che Calderon respinse corto in bocca ad Hunt. Greaves sempre bene nella vittoria con la Francia, più uomo assist che goleador, ma con una gamba squarciata da un tackle avversario. Niente di drammatico, solo un profondo taglio, ma Ramsey usò l’infortunio per far ‘riposare’ Greaves, buttare nella mischia Geoff Hurst e recuperare la sua arma tattica (la genialata, vista a posteriori, fu rinunciare alle ali pure) Alan Ball. La vita è crudele: Hurst segnò il gol vittoria nel quarto con l’Argentina e non uscì più. In campo nella semifinale con il Portogallo ed anche nella finale, a dispetto della stampa che premeva per il ritorno del più talentuoso Jimmy. Niente da fare: Hurst entrò nella leggenda, Greaves guardò i compagni ritirare le medaglie. Già, perchè al tempo le medaglie venivano date solo agli undici in campo. Due giorni fa parziale giustizia è stata fatta con la consegna dei pezzi dorati agli undici esclusi del 1966. Un’iniziativa della Fifa, per indennizzare i giocatori non scesi in campo delle squadre vincitrici, messa in pratica a Downing Street dal declinante Gordon Brown. Di classe il commento di Greaves, che ha sempre ricordato con dolore quel Mondiale vissuto da comprimario (mentre nel 1962 con Winterbottom fu protagonista fino alla fine, cioé fino al quarto perso con il Brasile): ”Adesso tutta la squadra ha la medaglia. È molto bello, ma se Sir Alf fosse ancora qui, probabilmente l’avremmo avuta prima”.