Archivio per febbraio 29th, 2008

Oscar Eleni nel giorno che non c’è, il 29 febbraio di ogni anno bisestile, anno olimpico, stagione per sorci e per nottole, l’anno bisesto dove la Virtus Bologna è la squadra che ha vinto più titoli dal 1948 in poi, ma è anche il bisesto dello scudetto ‘64 per Varese, mentre nel ’68 ecco Cantù guidata da Boris Stankovic, ma ricordiamoci che nell’88 vinse Pesaro , nel ‘92 Treviso, mentre una Milano triestina non favorita aggiunse uno scudetto a quelli dei bisesti del 52-60-72, mentre il 2000 fu l’anno della Fortitudo e il 2004 quello di Siena.
Perché vi stiamo annoiando con roba del genere? Per lasciar sbollire la rabbia dopo aver visto Roma friggere sul campo del Barcellona, dopo aver letto l’ultima intervista di Danilo Gallinari che spiega così bene i tempi nostri se un ragazzino di talento può dire liberamente che questa Olimpia-Armani, squadra mediocre, darebbe venti punti alla Tracer di suo padre che vinse lo scudetto nella stagione ’86-’87. Ora questi ragazzi da Cepu cestistico, questi figli della televisione lecca lecca che vede un giocatore persino in Allan Ray, un condottiero in quel passero solitario di Hawkins, un regista in Bulleri o Di Bella, un capitano anche nel custode della palestra basta che gli racconti come sgorga il gioco se alzi le corna, dovrebbero spiegarci dove sono nella squadra del povero Attilio Caja giocatori con talento pari a quello di D’Antoni, Meneghin, McAdoo, Barlow, Pittis, Franco Boselli, Ambrassa, persino Bargna, persino di suo padre che in partita vera a lui non farebbe segnare più di qualche punticino su tiro libero. Indignazione nei voti scoprendo che l’Europa ci rispetterà soltanto perché abbiamo presentato Siena nella battaglia, dimenticandosi di cosa sono state Milano e la Virtus, ridendo davanti alla carbonara romana dove si aggiunge di tutto per l’ultimo tango, senza trovare un giocatore che abbia fame davvero, che possa aiutare un gruppo a diventare squadra pur sapendo che fuori dalle righe chi dirige la baracca litiga su tutto, dorme su troppe cose, si ammala per il primo caldo, il primo freddo, senza capire che la proprietà se succederanno certe cose in Aprile potrebbe anche lasciar andare la barca verso le cascate dell’Iguazù.
Anche la Lottomatica ha battuto il Panathinaikos come ha fatto il Montepaschi, ma guardate come è stata confezionata la vittoria: da una parte la preghiera agli dei perché era andata bene, ma questa è Roma che sembra avere tante protezioni e invece naviga sola nel Tevere che da tempo non è più biondo, dall’altra il piacere di aver costruito qualcosa che resterà nel tempo, dopo aver curato una malattia che, lo diciamo sottovoce al Pianigiani per evitare che si senta tormentato, lui è permaloso mica poco, non è ancora stata assorbita da chi palleggia troppo, da chi è geloso se un Diener entra nel gioco e dimostra di avere almeno avuto buoni educatori se appare troppo timido, troppo misurato.
Pagelle e non parliamone più nel giorno che non c’è.
10 A Danilo GALLINARI per quello che ha detto sul mondo del basket americano, sui pensieri ad alta voce lasciando che la lingua battesse su un dente che non dovrebbe fargli ancora male, quello del guadagno decuplicato nel mondo NBA dove i Lakers con Gasol hanno dimostrato che ci possono ancora essere acquisti per crescere, per dare pace al gruppo, sensibilità a tutti come dimostra il ventunenne Jordan Farmar che per essere un Laker prende 1 milione e poco più di dollari svalutati all’anno.
9 Allo STONEROOK leonino tornato a ruggire nella foresta mensanina, un tipo di giocatore che ci avrebbe aiutato moltissimo nell’Europeo se fossero stati rapidi nelle decisioni, se non ci fosse stato il pregiudizio che abbiamo capito in ritardo con la storia dei naturalizzati liberati dalla partecipazione a grandi avvenimenti, se non fosse venuta fuori la storia buffa che il tipo non parla ancora italiano come ha scoperto il povero Colnago, unico bersagliere nella trincea della Nutella, perché quelli che parlavano la stessa lingua in Spagna non si capivano proprio, anzi, erano fin troppo vispi nell’interpretare quello che il compagno non voleva.
8 A Ferdinando MINUCCI per l’abbraccio pubblico a Luca Banchi dopo la vittoria sul Pana perché dopo il flop del McLeod dicevano che aveva perso punti per aver garantito su un giocatore già allenato prima.
7 A David BLATT che non ha fatto una piega, come succedeva a Treviso davanti a qualsiasi catastrofe, quando i quattro americani dell’Efes gli hanno detto che non lo avrebbero seguito a Belgrado perché questo era stato il suggerimento dell’ambasciata. Ora se questa gente non verrà messa fuori dai giochi, se i turchi non manterranno la parola quando hanno promesso che li avrebbero cacciati, noi siamo sicuri che l’allenatore campione d’Italia e campione d’Europa sarà ricordato per aver fatto ancora una volta più del suo lavoro.
6 Al MANCINELLI fortitudino che vedendo il gemello Belinelli languire nella baia di San Francisco ha finalmente ammesso che la sua America è qui in Italia. Ci mancherebbe. Dove potrebbe nascondere meglio i suoi difetti? Dove potrebbe fare lezioni per imparare a completarsi senza pagare dazio? Dove sarebbe Mancio numero uno se non sul pullman scoperto dei suoi tifosi?
5 Al povero BULLERI che ancora cerca di spiegare perché non è andato d’accordo con il pubblico di Milano che da lui voleva punti e regia. Non è andata proprio così, lo dicano gli amici sinceri del Bullo, quelli che già sapevano perchè se ne andava da Treviso in pieno play off.
4 All’arbitro lituano BRAZAUSKAS come capostipite dei direttori di gara che in Eurolega ci stanno riportando ai tempi delle vendette FIBA.
3 A Gianluca BASILE che non può dichiarare di voler tornare con Jasko REPESA prima di mandarlo nei matti con una prestazione bellissima nel nuovo Barcellona che corre e sembra persino sorridere.
2 A Simone PIANIGIANI se tira ancora fuori la storia del Davide senese che batte i Golia dai grandi capitali come il Panathinaikos perché dovrebbe sapere che la differenza viene sempre fatta dai principi base che tengono insieme una società. Lui non può non saperlo e non può dire che nessuno avrebbe scommesso un euro sul Montepaschi fra le migliori otto, perché c’è chi si è giocato molto di più convinto che potrebbe essere a Madrid fra le prime quattro.
1 Ad Allan RAY che è la fotografia perfetta del giocatore senza fame da lasciar perdere anche se gli imbonitori della piazza ve ne raccontano di ogni genere sul talento inespresso. Roma ha fatto il pieno di questi giocatori prendendo pure Crosariol, dando ascolto ad Hawkins, adesso buttandosi sul povero Aradori che non ha sfondato a Milano perché proprio non aveva fisicità per stare al passo, perché non aveva nella testa nessuna idea di cosa fosse la difesa.
0 A Vittorio GALLINARI non tanto come padre di Danilo, come agente del Gengis Gallo, ma come rappresentante di una società e di una squadra che dovrebbe querelare chi osa soltanto avvicinarla ai poveri ronin che oggi rendono agitate le notti di Artiglio Caja.

Oscar Eleni
Fonte: www.settimanasportiva.it

638° alla Sanremo. Portati a termine il Fiandre e la Montpellier-Castres del Tour de France. 1233° al Lombardia. Il 2007 di Claudio Pasqualin ricorda molto quello del suo assistito Filippo Pozzato: un anno di grande impegno, tanti piazzamenti, qualche piccolo problema fisico. E pochi giorni per rifiatare, nel caso del procuratore, tra un’uscita e l’altra in bicicletta e per lavoro. Ma nel 2008 non si lascia, anzi piuttosto si raddoppia. Tra gli obiettivi stagionali le medio fondo di mezzo Veneto (dalla Bardolino alla Cunego) e soprattutto il tricolore dell’Associazione Italiana Magistrati Avvocati Notai Ciclisti. Ostregheta! Cosa non si fa in difesa del Gs Ombre biancorosse Cicli Boron, da Vicenza con passione: 10.000 Km a stagione, quattro uscite settimanali, lo stage invernale a Gran Canaria con Davide Cassani e Massimiliano Lelli. Giù di sella su con la vita e sotto con gli affari trattati dalla Pdp, la Pasqualin D’Amico Partners. All’attacco delle salite da dove partono tutte le trattative.
Avvocato Pasqualin, come si sta alla ruota di Pozzato? “Benissimo, grazie. Soprattutto in pianura e nei fondovalle”.
Bella forza, in scia di un passista così elegante e potente ci si mette comodi comodi, basta limare. “Macché, se Pippo allunga non ce n’è proprio per nessuno, tra i cicloamatori che lo inseguono”.
Mira e rimira avrà pure imparato da lui qualche trucco del mestiere. “Come no. Per esempio mi ha insegnato la pedalata e la posizione: agli inizi mi diceva che sembravo seduto su un water, più che su una Pinarello”.
Vengono marzo e aprile e la Liquigas si aspetta grandi cose, dal suo conterraneo. L’arrivo in squadra di Daniele Bennati porta altre pressioni? “Non credo. Stiamo parlando di due professionisti troppo seri e troppo intelligenti, per non approfittare della nuova situazione. Ciascuno prendendo e sfruttando i suoi spazi”.
Obiezione: il veneto è anche troppo primadonna, troppo personaggio troppo disponibile. E troppo bello, troppo bravo, troppo alto, troppo biondo… “Troppe chiacchiere. Chi conosce il ragazzo sa bene la vita che fa, altro che Ferrari e discoteca. Ma non è colpa sua, è che lo disegnano così”.
Pozzato rinnova o non rinnova con Dal Lago e Amadio? Il suo contratto scade a fine anno. “Perché no? Facile ci possa essere un incontro dopo le classiche. Vedremo.”
E lei rinnova o non rinnova il suo portafoglio clienti, tra i professionisti del gruppo? “Difficile. A oggi confermo il mio rapporto con un altro vicentino, Emanuele Sella della Csf Group-Navigare. Un domani, mai dire mai”.
L’uomo dei sogni per un giorno di procura? “Andy Schleck”.
A proposito d’interessi e tutele: visti gli sviluppi più recenti della normativa anti-doping? Come riconoscere dove cominciano i diritti dei corridori, finiti i doveri che si sentono di compiere? “L’ambiente del ciclismo è inquinato dalle nette divisioni che separano le sue componenti, oltre che dagli atleti che non rispettano la legge, gettando fango sull’immagine di questo sport. Le rivendicazioni dei corridori hanno solo bisogno di essere ampiamente condivise, e poi espresse con determinazione dall’organo di autotutela. Insomma, chiariscano la loro posizione una volta per tutte e nel caso si rivolgano tranquillamente ad un avvocato, qualora ritengano si sia davvero passato il limite”.
Dovranno chiedere di Claudio Pasqualin? “Qui ci vorrebbe il Sergio Campana della situazione, altroché”.

Francesco Vergani
francescovergani@davide.it

Non è un mistero che Antonio Matarrese non piaccia più a nessuno, per motivi strettamente finanziari: né alle grandi che l’hanno visto passivo di fronte alla legge Melandri, che peraltro non avrà vita lunga, nè alle piccole stizzite per la gestione della vicenda dei diritti televisivi della B. Prima subordinati ad uno sconto di Platini per la subcessione di quelli europei (figura meschina globale) della Rai, poi dopo la persistente inerzia dell’emittente di Stato offerti a mezzo mondo, da canali porno ad emittenti localissime, senza incassare nemmeno l’offerta di accollo dei costi di produzione (15mila a partita, per una cosa che non sembri il filmino del compleanno). Politicamente l’ex deputato Dc (18 anni di sporadiche visite a Montecitorio) non ha più sponde, la sua ora sta per arrivare ma prima devono andare nella loro casella alcune pedine. E non occorre essere Kasparov per intuire che la prima è Adriano Galliani, che punta alla presidenza della Lega ma non vuole ritornare, soprattutto nel caso di scissione fra A e B, al doppio incarico che tanto fece discutere (anche gente che l’aveva votato, tipo Moratti e Sensi, e che avrebbe dovuto prendersla con se stessa): il vicepresidente del Milan viene ritenuto adatto dai peones a contrattare con le tivù le migliori condizioni possibili, soprattutto per chiaro e highlights, anche senza arrivare al miliardo di Matarrese. Con Berlusconi presidente del Consiglio su uno sbocco del genere si potrebbe giurare, con conflitto di interessi saltato all’italiana attraverso la gestione del Milan da parte di un manager sportivo di assoluta fiducia. Non Luciano Moggi, sogno di Berlusconi (un po’ meno di Galliani), come lo stesso Moggi va dicendo negli ultimi giorni a giornalisti amici, per la banale ragione che c’è una squalifica ancora da scontare: ci sarà tempo e modo per rendersi utile, comunque. I nomi caldi sono diversi, niente è ancora deciso, ma per evitare di fare la lista della spesa per poi puntare allo ‘Io l’avevo detto’ ne facciamo solo uno, non come dirigente di grande visibilità ma come braccio del Galliani emigrato in via Rosellini: Gino Natali, ben noto agli appassionati basket come dirigente in genere delle società di Giorgio Corbelli. L’ultima in ordine cronologico l’Olimpia Milano, dalla quale Natali è stato allontanato in circostanze poco chiare (nel senso che la mossa di Corbelli potrebbe essere stata solo di facciata) qualche mese fa in seguito non tanto ai risultati scadenti, quanto ad un mercato gestito in maniera fallimentare: un capolavoro il contratto di Danilo Gallinari, non prolungato per tempo ed adesso legato ad una clausola capestro (in sintesi: se a giugno Gallinari vorrà cambiare squadra rimanendo in Europa l’Olimpia continuerà a controllarlo e potrà guadagnarci, se invece come probabile sceglierà la Nba l’Olimpia lo perderà a zero). Natali viene tenuto in caldo per progetti cestistici slegati da Corbelli, ma intanto è stato gradualmente introdotto da Galliani nel mondo Milan, ormai non c’è evento nel quale non lo si incroci (domenica sera gli abbiamo quasi sbattuto addosso a Milan-Palermo), e quella rossonera è una società così organizzata che fare danni è difficile. Curiosità: sua figlia è legata all’indimenticato Ciccio Colonnese, uno dei pupilli di Moggi (davanti ai nostri occhi una volta lo chiamò ‘papà’, senza ironia), che a suo tempo ne consigliò l’ingaggio a Moratti per la serie ‘noi uomini di calcio’. Insomma, Natali o non Natali, saremo sempre vicini a quel mondo, con ovviamente un personaggio di indiscusso prestigio a fare da garante: chi meglio di Paolo Maldini?