Archivio per giugno 30th, 2008

Ed ecco, a grandissima richiesta, la nostra squadra ideale definitiva dell’Europeo, schierata con il 4-4-2 e con qualche modifica finale: Iker Casillas (Gianluigi Buffon) – Sergio Ramos (Sabri Sariouglu), Carles Puyol (Robert Kovac), Denis Kolodin (Giorgio Chiellini), Yuri Zhirkov (Philipp Lahm) – Bastian Schweinsteiger (Andres Iniesta), Xavi Hernandez (Konstantin Zyrianov), Nigel De Jong (Luka Modric), David Silva (Lukas Podolski) – Fernando Torres (Andrei Arshavin), David Villa (Roman Pavlyuchenko). Allenatore: Guus Hiddink (Fatih Terim). Questa invece la ‘nazionale dell’Europeo’ scelta dalla commissione tecnica dell’Uefa, che ha anche dato il premio di miglior giocatore della manifestazione a Xavi: portieri Buffon, Casillas e Van der Sar, difensori Bosingwa, Lahm, Marchena, Pepe, Puyol, Zhirkov, centrocampisti Hamit Altintop, Modric, Senna, Xavi, Zyryanov, Ballack, Fabregas, Sneijder e Iniesta, attaccanti Podolski, Arshavin, Pavlyuchenko, Torres e Villa. Tutto discutibile, con simpatie preconcette (anche le nostre, ovviamente) mascherate da analisi tecniche, ma di sicuro c’è che il livello della manifestazione è stato molto alto. Purtroppo fra poco tornano i club, dove quasi tutti sono intercambiabili e dove gli stessi interpreti recitano in un film a volte più spettacolare ma raramente più interessante.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

L’arbitraggio della finale merita qualche considerazione, al di là del fatto che un male inteso spirito patriottico abbia portato la maggior parte dei media (ma anche il suo capo Gussoni) a giudicare positivamente la prova di Rosetti che invece secondo noi è stata disastrosa. Non per episodi specifici che abbiano falsato direttamente il risultato (anche il fallo di mano in area di Capdevila è discutibile), quanto per una cattiva gestione delle situazioni ed una politica disciplinare schizofrenica: dal permissivismo al ‘ducismo’ passando per le raccomandazioni da padre di famiglia. Il tutto sintetizzato nell’assurdo doppio giallo a Casillas e Ballack, nell’ignorare la testata di Silva a Podolski e nel fischiare una quantità spropositata di falli di confusione. Buon per lui che le squadre siano state in sostanza corrette e che non ci sia stato l’errore stronca-carriera: certo è che la lagna ‘i nostri arbitri quando vanno al’estero sono i migliori’ ricorda in maniera inquietante quello che si diceva dei contestati De Santis pre-Calciopoli. Sbagliata anche l’autoflagellazione, osservando il livello medio dell’Europeo (il meno in forma è sembrato lo svizzero Busacca), la conclusione più scontata è che gli arbitri non possono essere lasciati soli in un calcio sempre più equilibrato e quindi in balia del singolo episodio, con oltretutto i maxischermi che hanno ripreso a mostrare le azioni discusse agli spettatori dal vivo. Come al Mondiale 2002, ma senza destare lo scandalo di allora. Difficile che Platini, tifoso del ‘fattore umano’, possa portare presso la Fifa ed a cascata l’International Board certe istanze tecnologiche, ma il momento giusto per parlarne è proprio quando non c’è il morto ancora caldo. Per sua fortuna Rosetti non è stato il Pairetto 1996, ma questo non toglie che l’arbitro anche in un calcio dal ritmo controllato e dai tifosi in larga parte civili, come è il calcio delle nazionali, sia un predestinato al linciaggio.

stefano@indiscreto.it

La vittoria della Spagna, su cui avevamo giocato 6 euro a 2,30 (con 4 a copertura sul pareggio) ci ha dato un utile di 3,80 euro che aggiunto a quello parziale di 6,89 e sottratti i 10 che avevano sui cannonieri significa per il nostro scommettitore iperprudente chiudere l’Europeo a più 0,69, partendo da un capitale investito di 20. Un utile netto del 3,45%, come un Bot annuale ma con la non trascurabile differenza di essere stato realizzato in tre settimane. Il vero insegnamento si ha però osservando le scommesse sulle singole partite: dove partendo da 10 euro (poi reinvestiti ogni giorno) in 19 giocate, una per giornata di gara, abbiano realizzato un utile di 10,49, quindi un più 104,9% che fa impressione. Oltretutto avendo sbagliato dal punto di vista sportivo almeno un terzo dei pronostici (e avevamo sempre giocato sui favoriti!): roba da cambiare lavoro. Conclusioni: evitare le giocate multiple, quelle con troppe possibilità (cannonieri, risultato, eccetera), accettare onorevoli sconfitte su quelle antepost invece di andare su ricoperture mostruose. La base di tutto è però che ci siamo divertiti. (pubblicato anche sul Giornale, link: http://www.ilgiornale.it/). Insomma, al nostro gemello buono è andata bene, mentre noi non ricoprendoci con la Spagna in semifinale per puntare alla megavincita (le nostre cifre reali erano di più del decuplo di quanto scritto nella rubrica) ci siamo semirovinati. Non basteranno i 10 euro su Safin vincente a Wimbledon a 50 per farci tornare alla vita…

Castello Aragones

Il centravanti campione del mondo che ti segna più di zero gol in cinque partite, il grande talento del calcio italiano che avendo intorno fiducia si mette e fare la differenza, il centrocampo che pur senza il suo regista è pieno di gente che ha vinto tutto da protagonista, la difesa registrata dopo l’esordio disastroso, il miglior portiere del mondo o giù di lì: Donadoni si starà chiedendo come mai gli azzurri non siano campioni d’Europa, con lui glorificato ed il ridicolo contratto prolungato in automatico, ma questo non toglie che le sconfitte ai rigori siano vere sconfitte (altrimenti le vittorie non sarebbero vere vittorie, dalla Coppa del Mondo in giù) e che la Spagna in ogni reparto abbia una qualità ed un’età media da fare spavento non solo ad un’Italia che comunque i suoi De Silvestri e Balotelli li produce sempre. Grottesca la retorica sui giovani, che applicata alla Spagna prende spesso connotazioni politiche (i vecchi spagnoli saranno rinchiusi in qualche lager?), così come la scoperta di Aragones che allena da 35 anni ai massimi livelli nella Liga. E che fra poco a 70 anni, invece di fare il santone ritirandosi o gestendo una Spagna che va avanti da sola, proverà per la prima volta l’avventura all’estero sulla impossibile panchina del Fenerbahce che ha distrutto i nervi non solo di Zico ma anche di gente come Hiddink, Parreira, Ivic, Venglos e Baric. Grande coraggio, complimenti. In questo Europeo la bravura di Aragones, oltre a quella di pensionare Raul-Del Piero (ancora valido ma troppo condizionante), è stata soprattutto gestire con il pugno di ferro le rotazioni dei giocatori, particolarmente complicate a centrocampo dove quasi sempre Fabregas e Xabi Alonso sono partiti dalla panchina. Integrando il tutto con cambi di posizione che hanno fatto la differenza, in questo favorito dalla versatilità di un Iniesta di superlusso. Poi l’infortunio di Villa in leggero calo gli ha paradossalmente facilitato il compito nel finale: se con un centrocampo a quattro gli avversari vedevano poco la palla, con uno a cinque non l’hanno proprio mai vista. Un successo dal peso specifico pazzesco, passando in scioltezza il girone, superando con merito i campioni del mondo e la squadra con i picchi di rendimento più alti dell’Europeo, infine evitando di perdere la testa in una finale da strafavoriti. Vinta correndo pochi rischi contro una Germania dalle poche armi, lasciando capire che ci sarà molto altro da dire: con in panchina un altro saggio come Vicente Del Bosque, anche lui senza le emozioni del visionario ma con la credibilità (e rispetto ad Aragones qualche trofeo in più, ogni paese ha i suoi amanti del genere ‘bacheca’) per farsi ascoltare da un gruppo di talenti.

Stefano Olivari

Buone, anzi buonissime notizie per i tifosi del Catania e anche della Steaua Bucarest. Cominciamo da questi ultimi: che hanno esultato nel momento della cessione di Nicolae Dica quasi come avrebbero fatto per la conquista della Champions League. Lo insultavano da due anni, ad ogni tocco di palla. Gigi Becali, il patron del club, al momento della firma con il club siciliano, ha detto, testuali parole: “Secondo voi se Dica serviva alla causa, lo vendevo? Il fatto é che lui mi chiedeva di essere ceduto, non ce la faceva più a subire gli insulti”. Pensate, ad Italia-Romania, a Zurigo, c’era un folto gruppo di rumeni, proprio sotto di noi. All’ingresso in campo di Dica, al posto dello sfortunato Radoi, hanno iniziato a bestemmiare e si sono fermati solo al fischio finale. Uno di loro, il più furbo, gli gridava: “Dai, fai qualcosa che forse riesci un passaggio oppure indovini un tiro e ti compra qualcuno, così non ti vediamo più”. Va detto che contro gli azzurri, così come in tante altre occasioni, non ha fatto né un passaggio, né un tiro. Ma é stato ceduto lo stesso. Lo ha voluto a tutti i costi Zenga, lo stesso tecnico che l’aveva portato anche alla Steaua, dall’FC Arges. Insomma, per farla breve il Catania ha preso uno che non corre e non lavora, uno alla Recoba ma con meno talento e addirittura meno predisposizione allo sforzo. Pare impossibile, ma da appassionati dello Steaua giuriamo che è così. I guai non sono finiti, perché il giocatore ha firmato due contratti con due agenti diversi. Con Ana Maria Prodan, una che si spoglia con tanta, tantissima generosità per i media, e con i fratelli Becali. Abbiamo la copia del contratto che Dica ha firmato in esclusiva con la Prodan, peraltro socia in affari di Adrian Mutu; dice che, in caso di rescissione anticipata dell’accordo (stipulato fino alla fine di agosto 2009), pagherà una penale di 500.000 euro. Visto che dal Catania prenderà sui 300.000, risulta che Dica tirerà dalla tasca sui 200.000. Inizia bene la sua avventura in Serie A. Tanti auguri, soprattutto al Catania.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

1. Bergamo. Lance Armstrong, ha temuto arrivasse da dietro Lance Armstrong. Filippo Simeoni davanti a Giovanni Visconti e Filippo Pozzato, in un Campionato italiano deciso sulla Circonvallazione Mugazzone, anziché sulla Boccola. Un Ceramica Flaminia-Bossini Docce che anticipa i Quick Step e i Liquigas. Un trentaseienne che prende il tempo a un venticinquenne e a un ventiseienne, perdipiù al caldo del primo pomeriggio, senza starsene chiuso in casa a bere molto e a mangiar frutta. Scherzi dell’afa, del ciclismo, del destino. Vince l’inseguito dalla maglia gialla, con le peggiori intenzioni, nell’Annemasse-Lons-le-Saunier del Tour de France 2004. Rivince l’inseguito dall’ostracismo di mezzo gruppo (cliente del miglior preparatore sportivo su piazza) da almeno sette anni a questa parte, dalla diffusione di quel Gq dell’agosto 2001, fuori Paola e Chiara dentro altri nomi e cognomi, citati dal corridore in una deposizione alla magistratura ordinaria. Stravince “l’inseguito dalla malasorte”, dice lui alla Settimana Sportiva, “fortuna che adesso è tutto finito, anzi si ricomincia”.
2. Primo Damiano Cunego, secondo Matteo Carrara, terzo Vincenzo Nibali. La classifica degli italiani da classifica, alla partenza della Grande Boucle, è presto fatta. S’intende giudicando inclassificabile Riccardo Riccò, che espatria “con l’obiettivo di vincere una tappa, magari quella dell’Alpe d’Huez”. Dichiarazione d’intenti molto meno convincente della sua prestazione in salita verso Bergamo Alta, ultimo passaggio, primo alla ruota di Davide Rebellin. Non si crederà mica un Giuseppe Guerini o un Roberto Conti qualsiasi, il modesto capitano Saunier Duval-Scott? Endorsement scimmiottando il Direttore: 10 Euro su Frank Schleck vincente a 33 (quota Snai al 29/6). Nessun calcolo ragionieristico, solo una sensazione da diploma psico-socio-pedagogico. Cadel Evans ha tante virtù: costanza, potenza, resistenza. Ma pure il vizio del secondo posto, praticato anche nel fuoristrada. Yaroslav Popovych e Dario David Cioni, tra gli altri Silence-Lotto, faranno l’impossibile perché non ricada nella tentazione. L’Avenue des Champs-Élysées si apprezza un po’ meglio, dal gradino più alto del podio di Parigi.
3. Thomas Dekker chi, il grande drammaturgo elisabettiano o il piccolo interprete di serial e miniserie? Né l’uno né l’altro. Thomas Dekker il ciclista, l’olandese volente o nolente – suo malgrado, soffre di problemi di pressione – più atteso e considerato, dal movimento fermo a ‘Joop’ Zoetemelk, quanto a vittorie nelle grandi corse a tappe. Certo il giovane più seguito dall’ammiraglia Rabobank, prima della promozione in prima squadra (formazione ProTour) del connazionale Robert Gesink, ’86 dallo stesso fisico, centimetro più chilogrammo meno. Dopodiché, nessuno dei due risulta convocato da Erik Breukink per la trasferta di Brest. Ma per motivi opposti: mentre Dekker non ritrova la forma dal Romandia dell’anno passato, Gesink la condizione non l’ha mai persa, dalla Parigi-Nizza dello scorso marzo al recente Delfinato. Il moro marca male, ed è in castigo dopo una lavata di capo. Il biondo promette bene, e sarebbe un delitto bruciarlo, fumantino com’è all’infiammarsi di ogni gara. Nel frattempo l’ultima velina dà Lars Boom tricolore (nederlandese) su strada, lui già iridato del ciclocross. Dopo il calcio, il ciclismo totale.
4. “Biciclette per tutti. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha inaugurato nel centro della capitale il servizio di noleggio biciclette. 200 mezzi in 19 postazioni. Abbiamo quindi iniziato un tour tra le capitali europee per vedere dove e come funziona il bike sharing. Se tutti gli altri sì, perché Roma no?”. La bicicleide europea del Foglio.it ha già fatto tappa a Parigi, Vienna, Monaco di Baviera, Barcellona, Copenaghen, Tallinn, Tel Aviv. Là dove, per esempio in Germania, quando serve una bici la si ordina per telefono alle ferrovie dello stato: risponde un centralino, pronto ad indicare l’ubicazione del primo mezzo raggiungibile. In seconda battuta, un sms riferisce il codice di sblocco del fermaruota, da riattivare a fine uso con una terza e ultima chiamata. Costo del servizio: 6 Cent al minuto. Retrospettiva. L’8/4/1987, un azzardo storico del sindaco Paolo Pillitteri. 500 bici gialle per tutti, anche sotto la Madonnina. “È una scommessa sul senso civico dei milanesi, sulla loro capacità di difendere l’interesse comune”. E le bici andarono a ruba, letteralmente. Perché Milano no.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it