Da cosa nasce cosa

di Alec Cordolcini
La recensione di ‘Volevo solo fare il giornalista’ di Cristiano Tassinari, descrizione del cialtronismo che chiunque si sia accostato al mondo dell’informazione sportiva ben conosce. Fra miserie umane e delusioni professionali, anche la beffa di incontrare chi ti invidia…

Splendori (inesistenti) e miserie (a grappoli) del mondo del giornalismo italiano. Storie di ordinario precariato tra invidie, rancori, soprusi e umane miserie, con la dignità sacrificata sull’altare di una “passionaccia” (così la definisce l’autore) simile ad un fuoco che divampa dall’interno. Sconfitte e delusioni possono arrivare quasi a spegnerla, questa fiamma; basta però una telefonata, una richiesta (un pezzo, un servizio televisivo), un sussurro, per farla rinascere da sotto la brace. E’ una dipendenza che non si può curare in nessun centro di recupero.

“Volevo solo fare il giornalista” (Limina Editore) è il titolo scelto da Cristiano Tassinari per la sua opera autobiografica. Quel “solo” racchiude l’essenza del libro, e della filosofia chi non può/non vuole/non sa arrendersi. Alla superficialità, alla mediocrità, alla cialtroneria di un mondo dove non importa cosa fai (e come lo fai), ma chi conosci. Tutto il resto viene dopo, sempre ammesso che arrivi. Tassinari racconta con stile ironico e brillante la sua ventennale odissea tra televisioni, radio e carta stampata, da Ragno-Tv a Tele+, da A Ruota Libera a Il Resto del Carlino, da Mantova Tv a Studio1, dalla Panini a Euronews. E poi i migliaia di curriculum spediti, le anticamere, le promesse dei colleghi che ce l’hanno fatta, le scelte sbagliate, i contratti a progetto e i progetti di contratto, i “le faremo sapere”, i pomeriggi spesi a fissare il cellulare nella speranza di uno squillo, la cena galante con la giovane avvocatessa prodiga di consigli (“i giornalisti delle emittenti locali sono degli sfigati, perché non fai domanda a Rai o Mediaset?”…effettivamente non ci aveva mai pensato nessuno), il tizio elegantissimo con Mercedes coupè e bionda scosciata d’ordinanza che ti vede sul lungomare con in mano un microfono e commenta “ragazzi, che bella vita la vostra!”.
Tanti gli aneddoti, e non sempre gustosi, ma non certo per colpa dell’autore. Il quale strappa un sorriso quando, da giovane, non riuscendo a trovare un giocatore della Centese si inventa un’intervista, viene raggiunto telefonicamente il giorno seguente dal diretto interessato, ovviamente inviperito, quindi pubblica un nuovo pezzo in cui parla di “dichiarazioni smentite” ricevendo il plauso dal direttore della testata: “Bravo! Notizia e smentita della notizia: doppia notizia. Continua così, hai già capito come funziona questo mestiere”. E’ invece molto meno divertente leggere della condanna di Tassinari e TeleModena al pagamento solidale di 11.500 euro per aver diffamato un naziskin; il tg aveva parlato dell’arresto del giovane avvenuto durante una manifestazione di estrema destra svoltasi a Roma, mentre in realtà questa si era svolta a Treviso. Qui però si esce dalle miserie del giornalismo per entrare in quelle di ambienti ancora più intoccabili. Il lieto fine temporaneo (l’autore trova un impiego soddisfacente presso Quartarete, emittente torinese) invita a non abbassare la guardia, né a cullarsi in effimeri sogni. Voleva solo fare il giornalista, Cristiano Tassinari, e ci è riuscito. Il prezzo che ha pagato lo ha scritto in questo libro.
Alec Cordolcini
(in esclusiva per Indiscreto)