La campagna antidoping della Gazzetta

Dopo la superstoria in dvd di Pantani, il recupero di Contador sgradito al Tour di cui era detentore, Riccò positivo in Francia poche settimane dopo il pulito secondo posto al Giro, l’esaltazione per il ritorno di Ivan Basso, alla campagna antidoping 2008 della Gazzetta dello Sport mancava solo Lance Armstrong. Adesso è arrivato, annunciando che l’anno prossimo per la prima volta in carriera correrà il Giro: siccome a 38 anni, dopo tre e mezzo di assenza dalle gare, il Giro sarà troppo poco vedrà di doppiarlo con il Tour. O anche no, se capirà che a Parigi lo aspettano con il fucile puntato: per la verità lo ha già capito, tanto che una sua presenza in Francia sarebbe quasi più sorprendente del ritorno alle gare. Si possono linciare i corridori seguiti da medici poco aggiornati, i direttori sportivi che devono portare al patron di turno la vittoria nella tappetta o almeno la fuga velleitaria con 50 chilometri di inquadrature, i dirigenti di una federazione internazionale che di fatto ormai governa poche corse importanti, ma gli organizzatori del circo no. Anche perché dovrebbero essere loro a parlare di sé stessi e dei controlli antidoping delle loro corse, molto meno severi e aggiornati rispetto a quelli francesi (il Giro segue il protocollo Uci, mentre il Tour ovviamente le regole dell’agenzia antidoping francese). Quando parla di ciclismo italiano la Gazzetta ha insomma la stessa credibilità di Mediaset quando parla del Milan, del Superbasket dell’era Cazzola quando scriveva della Virtus Bologna, della stessa Equipe quando affronta l’argomento Tour de France: zero. Per rispetto dei malati di cancro ci si risparmi almeno la storiella del ritorno in quanto testimonial anticancro: agli appassionati basta una bella sfida fra Armstrong ed Ivan Basso.
Stefano Olivari